La sovrana lettrice

Il titolo dell’esposizione è volutamente eco del celebre romanzo di Alan Bennet del 2007 La sovrana Lettrice  (The Uncommon Reader). Nel libro il pungente scrittore britannico narra della scoperta della lettura da parte della Regina Elisabetta. La sovrana non può più farne a meno e cerca di trasmettere il virus della lettura a chiunque incontri sul suo cammino, con quali ripercussioni sul suo entourage, sui sudditi, sui servizi di sicurezza e soprattutto sui lettori lo scoprirà solo chi arriverà all’ultima pagina. Elisabetta e Margherita paiono dunque accomunate, ad un secolo di distanza, sia dalla iconica celebrità, sia da un’insaziabile bibliomania. 

Pizza, fragole e pollo, una regina in cucina

Pur avendo ispirato diverse ricette, dolci e salate, che sono diventate icona stessa dell’Italia e della sua tradizione culinaria, la Regina non conserva nella sua biblioteca nessun  libro di gastronomia, neppure il grande classico La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi, pubblicato nel 1891 a spese dell’autore e dedicato ai suoi gatti. Questo libro, che ebbe una immensa fortuna editoriale e trovò posto in quasi tutte le case italiane, aprì la strada alla letteratura gastronomica non più rivolta ai cuochi professionisti ma alle donne e alla servitù delle classi medie e fu in quegli anni di riscoperte culinarie, nel 1889, che Raffaele Esposito battezzò “Margherita” la gustosa e celebre pizza napoletana con la mozzarella.

Il fortunato nome della sovrana venne dato anche alle margheritine, dolci di Stresa che si dicono ideati nel 1857 in onore della sua prima comunione, alla popolarissima torta Margherita e ad altre ricette meno note come le fragole Margherita (di cui non siamo riusciti a reperire la ricetta), citate su alcuni menù del Quirinale. 

Una regina in posa

In perfetta sintonia con il gusto della sua epoca, Margherita di Savoia coltivò per tutta la vita una spiccata passione per la fotografia, trovandovi un rapido e valido strumento per veicolare ed eternare la propria immagine di moderna sovrana. Tra le centinaia di scatti a lei dedicati, soprattutto in occasioni pubbliche e mondane, il genere del ritratto-ricordo, veicolato attraverso lo status symbol de la carte de visite, fissa più di altri il carattere di una donna assorbita nel proprio ruolo di monarca e di modello femminile. In lei pose ed espressioni, insieme alla ricchezza di abiti e parure, concorrono a una messa in scena ricercata e mai banale, in cui lo sguardo fisso in camera infonde solennità, franchezza e a volte una certa albagia, mentre in altre circostanze la posa di tre quarti allude a un rapporto con un altrove più astratto e nobilitante del presente, portandoci in una dimensione più melanconica e romantica.

Una donna in prima pagina

La figura di Margherita affascinò e continua ad affascinare la stampa e i media. Biografie, studi e articoli hanno messo in luce diversi aspetti della sua personalità e della sua vita, fino a vederla negli ultimi anni come un’influencer ante litteram, per le indubbie capacità di costruire e proporre la sua immagine. Sui giornali dell’epoca non solo i momenti salienti della vita pubblica, ma anche, e con maggior gusto, i momenti privati, vennero documentati, narrati con enfasi e accompagnati da illustrazioni.  Molti giornalisti amarono occuparsi di lei, si ricorda Matilde Serao, fondatrice del Mattino, che nell’estate 1892 da Gressoney scrisse un reportage delle giornate di vacanza della Regina e delle sue escursioni alpinistiche.

Le diverse testate rimbalzavano le notizie date dai testimoni oculari della vita di corte; uno dei momenti più fervidi era il carnevale, quando i saloni del Quirinale si aprivano ai balli accessibili anche a qualche giornalista.

Le case di Margherita

Nata nell’antico Palazzo dei Duchi di Chiablese, adiacente alla reggia di Torino, Margherita di Savoia crebbe tra le sofisticate eleganze di una delle più sontuose dimore sabaude di gusto settecentesco, in cui la preziosità delle tappezzerie, le ricercate essenze di mobili e rivestimenti, insieme alla lucentezza di specchi e decorazioni in oro costituivano la cifra stilistica di una vita privilegiata, capace di plasmare i gusti della giovane principessa e di influenzare le sue future scelte d’arredo. 

Dal Palazzo Reale di Torino alla Sala da Gioco di Stupinigi, passando per il Palazzo del Quirinale e la Reggia di Monza, la prima regina d’Italia ridisegnò gli ambienti di corte imponendo la propria passione per le forme più tradizionali del barocco e del rococò francese e un allestimento degli spazi quanto mai eclettico.