Una Savoia
Storia e orgoglio di appartenenza
Per tutta la vita la regina Margherita mostrò un sentimento dinastico fortissimo, orgogliosa di essere una principessa sabauda e votata alla gloria e al prestigio della sua famiglia. Margherita dava a questo sentimento un colore nazionalistico e militaristico, unito alla incrollabile certezza in un sistema di valori che poneva il Trono, in alleanza con l’Altare, al di sopra di tutto, secondo una concezione paternalistica e assolutistica della monarchia.
Dopo la morte di Vittorio Emanuele II, tanto amato dal popolo, Umberto e Margherita intrapresero un programma di dieci viaggi per l’Italia al fine di sopire gli spiriti antimonarchici del Paese e familiarizzare con i propri sudditi. Si trattò di un’operazione voluta dal governo e ben preparata, che toccò il suo punto più alto il 6 novembre 1878, quando a Bologna la regina raccolse il tributo del repubblicano Giosuè Carducci, allora il maggiore poeta italiano vivente, che aveva maledetto mitre e corone. Tuttavia, l’Italia visitata dai sovrani, quella delle città, non rispecchiava a pieno la realtà del Paese, dove la grande maggioranza della popolazione, il 70% del totale, viveva in condizioni spesso di vera miseria e comunque di grande arretratezza culturale, igienica, sanitaria. Il fallito attentato al re condotto il 17 novembre 1878 dal giovane disoccupato Giovanni Passannante, durante la visita dei sovrani a Napoli, scosse nel profondo Margherita, tanto da convincerla del venire meno della sacralità della corona agli occhi di parte del popolo. I successivi attentati e tumulti di matrice socialista avvenuti in varie città italiane e d’Europa acuirono l’angoscia della regina e la sua inclinazione a una politica e a una giustizia intransigenti e repressive. Gli anni Novanta, con una crisi economica e sociale sempre più grave, una politica fallimentare culminata nelle tragedie di Adua e dell’eccidio di Milano e dunque con l’ostilità crescente ai pilastri della politica della corona (militarismo, triplicismo, colonialismo), fecero da preludio al regicidio del 29 luglio 1900 a Monza per mano dell’anarchico Gaetano Bresci. Margherita non comprese mai veramente in quale atmosfera fosse maturato quel gesto e al dolore per la perdita del marito aggiunse l’orrore per il sacrilegio dell’uccisione, coerente con la sua concezione antica della sacralità della corona.