Margherita di Savoia

La donna, la regina, il mito

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Figlia primogenita di Ferdinando Maria Alberto di Savoia, duca di Genova, e di Maria Elisabetta, principessa reale di Sassonia, Margherita nacque a Torino il 20 novembre 1851, in Palazzo Chiablese, residenza dei suoi genitori. All’età di soli quattro anni perse il padre, fratello minore di Vittorio Emanuele II, e l’anno dopo la madre si unì in matrimonio morganatico con il maggiore Nicolò Rapallo, già ufficiale di ordinanza del duca di Genova. Crescendo la giovane Margherita non nascose la propria disapprovazione verso la madre per la scelta fatta, coltivando per anni una sorta di culto paterno che fece del duca Ferdinando un esempio di bellezza, bontà, virtù e coraggio militare da cui la principessa derivava il suo orgoglio di appartenenza a Casa Savoia. 

Come ogni fanciulla di sangue reale della sua epoca, Margherita ricevette un’educazione privata, seguendo inizialmente gli insegnamenti della contessa Clelia Monticelli di Casalrosso e poi quelli di Rosa Arbesser, austriaca di buona famiglia entrata in servizio nel 1861 e destinata a rimanere al fianco della giovane fin quasi alla vigilia del suo matrimonio con il principe ereditario Umberto di Savoia. A diciassette anni era una giovinetta colta, con un amore per i libri che sorprendeva i suoi congiunti, un desiderio schietto di entrare nel mondo dell’arte, un’immaginazione romantica che le faceva sognare le armi e le gentilezze del Medioevo cavalleresco e parlava correntemente il francese (per l’abitudine della corte torinese) e il tedesco (per ascendenza materna). 

pannello_11Il matrimonio di Margherita con il principe Umberto fu deciso sul finire del 1867 da Vittorio Emanuele II. L’atto nuziale fu sottoscritto il 21 aprile 1868 nella sala da ballo del Palazzo Reale di Torino, seguito il giorno successivo dal rito civile e dalla cerimonia religiosa. I cinque giorni di festeggiamenti che seguirono ebbero il carattere di una vera e propria festa popolare, con l’intento di restituire alla città di Torino quella centralità che il trasferimento della capitale le aveva sottratto e di rafforzare il prestigio della Corona. Il viaggio di nozze in tutta la Penisola fu anche un’operazione politica, tesa a promuovere e rinverdire i fasti della monarchia attraverso la coppia che ne incarnava il futuro. Inoltre, morta la regina Maria Adelaide nel 1855, e non avendo Vittorio Emanuele II una consorte ufficiale, Margherita assunse il ruolo di prima dama d’Italia. Il suo intuito politico, unito all’innata capacità di fare e dire le cose più appropriate per suscitare l’entusiasmo popolare, ne fecero subito un modello di regalità riconosciuto da tutti, tanto prezioso in un’Italia appena costituita e bisognosa di simboli unificanti.

Umberto e Margherita presero dimora a Napoli, nella reggia di Capodimonte, per esprimere la loro vicinanza alle province di quel Meridione che da pochi anni era stato congiunto alla Corona sabauda. E proprio a Napoli, l’11 novembre 1869, Margherita diede alla luce l’unico figlio, Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro.

Il contributo della regina alla nazionalizzazione della monarchia si concretizzò innanzitutto attraverso i suoi viaggi per l’Italia, durante i quali non mancava mai di indossare i costumi locali e di apprezzare pubblicamente tradizioni e cultura dei luoghi visitati, accattivandosi così, più del consorte, simpatie e persino la devozione delle comunità.

pannello_1A Roma, dove i principi ereditari fecero ingresso a soli quattro mesi dalla breccia di Porta Pia, il 23 gennaio 1871, a Margherita spettò il gravoso compito di conciliare il successo della monarchia con il rispetto del pontefice, avvalendosi delle sole armi concesse al suo ruolo: fascino, eleganza, mondanità e mecenatismo artistico. Margherita costituì al Quirinale un proprio circolo, trasformando la reggia romana in uno dei salotti più aristocratici ed esclusivi d’Europa. Tra le personalità che si incontravano per discutere nei “giovedì della regina”, spiccava Marco Minghetti, che con i suoi modi eleganti, l’intelligenza eclettica e la brillante compagnia era diventato per Margherita il confidente intellettuale e una vera e propria guida nel mondo della cultura. 

In poco tempo la sovrana fece di sé l’icona per un nuovo inizio della storia italiana e, quando si trattò di radicare l’immagine sociale della monarchia, si riservò un ruolo specifico come protettrice e visitatrice di ospizi per bambini e ciechi (nel 1892 nacque a Firenze sotto il suo patrocinio la prima biblioteca per ciechi), ospedali, società di carità e scuole, oltre che di accademie di istruzione e di esposizioni artistiche. Inoltre, la sua fama di devota amplificò il valore delle sue iniziative agli occhi dell’opinione pubblica cattolica e conciliatorista che da lei si attendeva una «benefica influenza» sulle posizioni del sovrano. L’assassinio di Umberto I (29 luglio 1900), poi, consolidò il suo mito, quale donna capace di superare con dignità anche i dolori più profondi.

Rimasta vedova, con un encomiabile rispetto delle regole dinastiche, Margherita fece un passo indietro, lasciando spazio al figlio e alla nuora Elena di Montenegro. La regina madre però non abbandonò la scena pubblica, anzi confermò la sua presenza a manifestazioni e cerimonie, per preservare le tradizioni e le abitudini di casa Savoia e intensificò i propri viaggi, anche all’estero, dedicandosi con rinnovato slancio alle opere di carità, con viva curiosità per le novità dei tempi.  

Durante il primo conflitto mondiale, pur non condividendone le ragioni, partecipò senza risparmiarsi nel modo che era possibile per il suo rango, attraverso l’assistenza a feriti e a madri, mogli e figli dei caduti. Volendo conciliare dovere e carità cristiana, Margherita decise di trasformare la propria dimora romana in via Veneto in ospedale territoriale della Croce Rossa, dando assistenza ai feriti in prima persona.  

Sino alla fine Margherita assolse con zelo alle proprie incombenze, alternando ricevimenti, visite benefiche e una fervida vita religiosa con soggiorni sempre più lunghi a Bordighera e a Gressoney. Alla sua dipartita, avvenuta a Bordighera il 4 gennaio 1926, fece seguito il viaggio della salma verso il Pantheon, intrapreso il 10 gennaio: fu l’ultima dimostrazione della popolarità della regina e l’ultimo tassello aggiunto alla costruzione della sua leggenda.