Sezione 2 - La Corte

La Corte di Margherita

Il salotto della Regina tra diplomazia e cultura  

Nei ventidue anni di regno come consorte di Umberto I, Margherita diede una forte impronta alla vita culturale del Paese. Gli sposi si impegnarono da subito nel difficile compito di popolarizzazione della monarchia: lo fecero non solo attraverso i numerosi viaggi per l'Italia ma anche presenziando e sostenendo le commemorazioni e le pose dei monumenti per Vittorio Emanuele II, figura popolarissima e molto amata. Le loro differenti personalità diedero vita a una robusta sinergia: Umberto, accanto alle proprie funzioni militari, politiche e cerimoniali, fornì di sé una immagine di bontà e di coraggio, per la tempestività della sua presenza e dei soccorsi forniti in occasione di gravi calamità e Margherita raccolse con slancio il compito di prima donna d’Italia. Si trattava di esibire una corte non più prettamente militare quale era stata quella di Vittorio Emanuele II, ma fascinosa ed elegante, per creare consenso e avvicinare al nuovo regno aristocratici e borghesi di tutta Italia oltre il popolo minuto. Margherita amava circondarsi di persone colte, tanto che volle attorno a sé, come dame di compagnia, donne di bell’aspetto ma soprattutto di cultura; al Quirinale il mercoledì era il giorno della settimana dedicato al ricevimento e al ballo, mentre il giovedì si tenevano riunioni artistico-letterarie a cui partecipavano gli esponenti più in vista della cultura romana e italiana: i famosi “Giovedì della Regina”.

La cultura non era solo esibita, ma rappresentava un vero e proprio modo di essere della Regina: era sua abitudine infatti trascorrere ogni mattina qualche ora nella biblioteca privata, dove provvedeva personalmente alla collocazione e al riordino dei volumi; la biblioteca rappresentava un luogo in cui rifugiarsi, uno spazio tutto suo all’interno della ‘gabbia dorata’ del Quirinale, come lei stessa era solita definirlo, un luogo dove riflettere, studiare e discutere. A tale scopo Margherita, al momento del suo trasferimento a Roma, fece portare dalla Villa della Regina di Torino la celebre libreria di Pietro Piffetti, uno dei maggiori ebanisti del suo tempo. Il gusto di Margherita, oltre che nei mobili della Biblioteca, traspare anche nelle legature dei libri: l’uso del monogramma, del fiore di margherita in riferimento simbolico al suo nome, delle armi Savoia declinate in più varianti, sono elementi ricorrenti e tradotti in vari stili.